HR: un ruolo dietro le quinte

Leggi le interviste di altri professionisti che, come te, lavorano ogni giorno per dare luce agli altri, e ne traggono grande soddisfazione.

Abbiamo intervistato 6 professioniste che “lavorano dietro le quinte”, mettendo competenze e know how a disposizione di aziende e persone senza avere visibilità pubblica. 

Sono una coach di public speaking, una traduttrice editoriale e letteraria, una designer di videogiochi, una talent manager, una mental coach e una ghost writer. Ci hanno raccontato del loro lavoro, delle criticità che incontrano tutti i giorni e delle gratificazioni che abbracciano lungo un percorso professionale a supporto di singoli progetti e interi business.

Queste interviste sono quindi tutte per te: buona lettura!

 

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Betty Senatore

Speaker di Radio Capital, insegnante di dizione e Coach di Public Speaking

Lavori nelle HR e quindi lo sai: il tuo è un ruolo “dietro le quinte”. A volte ti sembra di muoverti nell’ombra per fare in modo che la luce arrivi su qualcun altro

Altrettanto spesso sai che quel “grazie” che ti meriteresti non arriverà perché la buona riuscita del tuo lavoro la si vede solo attraverso i fatti.

Per i coach di public speaking le cose non sono così diverse, anzi: sul palco non sono loro a salire e l’applauso al termine della performance non sono loro a raccoglierlo.

Vi unisce la capacità di fare vostri i successi degli altri per alimentare la vostra capacità professionale. Siete eccezionali nel mettere in campo l’intelligenza emotiva per ascoltare le esigenze degli altri e trovare di conseguenza la soluzione migliore per soddisfarle.

La vostra è una visione a lungo termine che vi permette di dosare efficacemente energie e tempo, indipendentemente che lavoriate con un manager o con una giovane leva.

 

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Valentina Ballardini

Ghost Writer, redattrice, traduttrice e scrittrice

Lavorando nelle HR svolgi un ruolo cruciale per la tua azienda e, soprattutto, per le persone che vi collaborano. 

All’interno della realtà aziendale la tua professionalità è fermamente riconosciuta, ma lo stesso non si può dire che accada esternamente. È un po’ come se ciò che fai fosse appannaggio dei soli addetti ai lavori.

La musica non è troppo diversa per i ghost writer, chiamati a scrivere emozioni, pensieri e messaggi per nome e per conto di qualcun altro, in completo anonimato.

Pur appartenendo a contesti professionali differenti, con i ghost writer condividi la capacità di ascoltare le esigenze di chi ti sta di fronte, traducendole nella migliore soluzione possibile, che si tratti di un progetto di employer engagement o di un romanzo, di un percorso di talent acquisition o della redazione dei testi di un sito web aziendale. 

Praticate l’empatia, vissuta a livello personale, ma messa in pratica nella vostra vita professionale. 

Soprattutto, sapete adattarvi, di volta in volta, alle visioni degli altri, cogliendone le opportunità e superandone i limiti. 

 

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Jolanda Restano

Talent Manager

La diplomazia è una dote innata o una competenza che si acquisisce? Lavori nelle HR e sai che la risposta, probabilmente, sta nel mezzo: ogni giorno ti misuri infatti con la necessità di trovare il modo migliore per soddisfare le esigenze della tua azienda incrociando i desideri del singolo. Accontentare l’una senza deludere l’altro non è solo questione di cosa si fa, ma anche di come lo si fa.

Un destino simile al tuo è quello del talent manager: tesse relazioni di valore con gli artisti e gli influencer che rappresenta, perché si trasformino in rapporti strategici con le aziende. 

Pur operando dietro le quinte, avete un ruolo indispensabile per la buona riuscita dei progetti ai quali lavorate. Sapete declinare la relazione virtuosamente e avete un’altissima capacità di problem solving: conoscete l’obiettivo e siete flessibili, ma autorevoli, nello scegliere di volta in volta il percorso giusto per arrivarci.

 

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Tiziana Boldrini

Mental Coach

Lavorare per i successi degli altri, che siano dell’azienda o delle persone che ne fanno parte. Ascoltarne i problemi e trovare una soluzione concreta nell’immediato senza dimenticare, però, di scavare fino all’origine della criticità per risolverla definitivamente.

Essere un professionista delle HR non è poi così diverso dall’essere un mental coach. 

Non pensare che il paragone sia azzardato, ma concentrati su tre delle tante competenze che avete in comune: capacità di ascolto, empatia, problem solving.

Se non ti sembra ancora sufficientemente convincente, lo sarà l’intervista che segue che, vedrai, ti conquisterà.

 

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Silvia Teodosi

Game Designer e Game Project Manager

Il tuo ruolo nell’HR ti offre la consapevolezza necessaria a comprendere che concorrere alla buona riuscita di un progetto senza però apparire non ti toglie del merito, anzi. 

Le tue competenze vengono valorizzate quando un’azienda funziona nel migliore dei modi possibili, anche senza un riconoscimento pubblico. 

Una visione simile la condivide chi si occupa di game design: dove la tua professionalità incide sullo svolgersi della vita all’interno di un’azienda, il game designer è costantemente impegnato affinché le dinamiche di un gioco rendano l’esperienza ludica appagante per chi la vive. Non è poi così diverso, se ci pensi bene.

 

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Marina Beretta

Traduttrice Editoriale

Tessere le fila di un progetto senza i fari puntati addosso può aiutare la concentrazione, ma limitare l’autostima. Tu che lavori dietro le quinte di un’azienda conosci probabilmente la sensazione. Ti sarà capitato di voler metaforicamente alzare la mano e dire “è merito mio” quando a essere applaudito era uno dei risultati raggiunti dall’azienda per la quale lavori.

Nello stesso tempo ti trovi spesso a dover fare i conti con parole e linguaggi che non sono propriamente i tuoi, ma che devi tradurre affinché risultino comprensibili alle orecchie delle persone della tua azienda, senza snaturarne il messaggio.

Può sembrarti strano, ma un lavoro simile al tuo lo fa anche chi si occupa di traduzione letteraria o editoriale. Così come del best seller osannato perché “scritto benissimo” si parla solo associandolo al nome dell’autore, ma non di chi l’ha tradotto (ri-scrivendolo “benissimo”), nello stesso modo le parole che un traduttore mette in fila, non sono mai propriamente le sue, nonostante le abbia scelte proprio perché siano comprese da chi poi le leggerà.

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